martedì 29 aprile

agg. 03:45

Liberta - Site logo
Liberta - Site logo

Esteban, Adil e lo sport che vince sulla disabilità

A Bobbio l'incontro tra le stelle paralimpiche e gli studenti. Farias perse l'uso delle gambe in un incidente sul lavoro. Zarid non vede dalla nascita

Elisa Malacalza
Elisa Malacalza
13 aprile 2025|16 giorni fa
Da sinistra Esteban Farias, Adill Zarid e Marta Consonni del Cip
Da sinistra Esteban Farias, Adill Zarid e Marta Consonni del Cip
2 MIN DI LETTURA
Esteban Farias ha conquistato in canoa quattro medaglie europee, due titoli mondiali (Montemor o-Velho 2018 e Racice 2017), un argento iridato a Szeged nel 2019, e tanto altro, che lui per umiltà elenca agli studenti di Bobbio come se fosse nulla, anziché tutto, la seconda vita dopo il buio dell’incidente.
Quando scende dalla canoa sale infatti sulla carrozzina, perché le gambe, a differenza della canoa, non gli rispondono più da quando cadde da una impalcatura mentre stava lavorando, un giorno come gli altri. Aveva solo 25 anni e dopo quasi un anno di ospedale la sua salvezza fu all’ex ospedale di Villanova (quello per cui si raccolsero migliaia di firme nel 2017 per evitarne la chiusura), perché lì c’erano gli sport da provare, sport che si adattavano a chi doveva fare i conti con una “parte in meno” facendo lavorare le parti che ancora c’erano, antidoti alla sfiducia; e lì, a Villanova, c’erano persone che forse potevano avvicinarsi al dolore grande di Esteban e dirgli che lui c’era ancora, con le sue qualità, le sue potenzialità.
«La disabilità può arrivare a tutti, in tanti modi», ricorda Farias, che da anni vive a Fiorenzuola, e ieri si è raccontato nell’auditorium Daverio.
«Il mondo è grande, ci stiamo tutti e soprattutto ci siamo tutti», dice al suo fianco Adill Zarid, campione paralimpico di pole dance - sembra che voli, che non abbia peso, aggrappato al palo - e di showdown, la rivoluzione del tennis. Non ci vede, oltre i 70 centimetri, ma intuisce più velocemente di chi ha occhi per osservare. Ha imparato ad essere brillante, a vivere accelerato. «Io sogno palestre aperte a chiunque», dice Zarid agli studenti invitandoli a riflettere. «Certo, chi ha alcune difficoltà ha anche alcune necessità, ma contestualmente, ragazzi, questo vi può servire a mettere in campo le vostre abilità. Vorrei questo, dall’incontro di oggi. Tirar fuori le vostre abilità». Ricorda che chi non vede può invitare gli altri a non limitarsi a guardare: «Se anziché guardarmi guardate il telefono siamo alla pari... O quando mi viene da stare steso pigramente sul divano posso pensare a chi pagherebbe per potersi alzare... e magari mi viene allora in mente che non ha senso stare fermi».
Dopo gli interventi di Renata Draghi del Lions club, organizzatore dell’incontro, della vicesindaca Giorgia Ragaglia e del consigliere provinciale Federico Bonini, gli studenti si alzano, fanno domande ai due “giganti”, che vengono presentati da Marta Consonni del Cip, il Comitato italiano paralimpico. “Qual è la frase che vi ha imbarazzati di più?”, è stato chiesto. Adill, che nella vita è stato anche preparatore atletico, ha risposto: «Ero a ballare una sera e una ragazza mi ha detto “Senti ma parli con me o parli con lei?”». Esteban ha tirato fuori dal cassetto delle frasi scomode quella volta in cui al supermercato il vociare di una mamma fu parecchio annichilente: “Spostati c’è un disabile”, disse al figlio.
«Ho girato tanto il mondo e devo dire che in Italia siamo ancora molto indietro sulle barriere architettoniche. A Rio De Janeiro ho potuto visitare la città senza problemi, sui bus, sulla metro. Senza ostacoli», ha ricordato il canoista. Adill ha ricordato come nel tempo ci si accorga di voler condividere pezzi di vita con persone che vadano nella direzione della propria persona. «Odiavo il terzo tempo, quando tutti nello spogliatoio vanno a prendersi da mangiare, da bere. C’è caos, e tu devi chiedere... Ho però imparato che nella vita fare una domanda è spesso la soluzione alle difficoltà. Ho imparato ad accettare il sì ma anche il no, lasciando gli altri la libertà di esserci». 
L’auspicio, condiviso dal Cip, è che il nuovo Centro Paralimpico del Nord Italia, in costruzione a Villanova, possa essere inaugurato il prima possibile. A qualcuno, quella struttura che c’era prima, nell’ex ospedale voluto da Verdi, ha salvato la vita, con lo sport. Farias pensava fosse una vita a metà, senza gambe. Invece, incapace di arrendersi, era già una vita da campione sul tetto del mondo.