«Le mani intorno al collo con lo scopo di uccidere»

Condanna a 7 anni per tentato omicidio, le motivazioni del giudice. Aggressione a Fiorenzuola durante una lite per ragioni economiche

Redazione
|2 ore fa
L'aula Galli del tribunale di Piacenza
L'aula Galli del tribunale di Piacenza
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«Per un tempo pari a circa 38 secondi ha sottoposto la persona offesa a una brutale aggressione, tenendola ininterrottamente per il collo, colpendola più volte (anche con un pugno sul viso), scaraventandola violentemente a terra e, a quel punto, continuando - secondo i canoni paradigmatici di un’azione omicidiaria da strozzamento - a stringere il collo della vittima con entrambe le mani, portandola in uno stato di semi-incoscienza, e contestualmente premendo con forza col ginocchio sul torace della vittima (al punto da romperle tre costole), così da rendere maggiormente efficace la componente asfittica della sua brutale condotta». È uno dei passaggi chiave scritto dal giudice Vincenzo Riganti nelle motivazioni della sentenza di condanna a sette anni di reclusione (più il pagamento di 40mila euro di risarcimento) del fiorenzuolano Massimiliano Fava, 60 anni, accusato di tentato omicidio di una donna di 40 anni, con la quale era scoppiata una lite per ragioni economiche.
Massimiliano Fava ha sempre negato di aver voluto uccidere. E appreso che sarebbe stata data notizia della sua condanna a sette anni, contattò Libertà per dare la sua versione dei fatti. «Non ho aggredito quella donna e tanto meno l’ho presa per il collo con l’intenzione di strangolarla», riferì nel corso di una lunga telefonata. Sostenne che nella concitazione della lite ci fu una caduta accidentale. «La donna è caduta battendo la faccia, mentre io le sono involontariamente volato addosso. Così le ho colpito la schiena con le ginocchia e il collo nella parte posteriore. Ma non c’è stato alcun tentativo di strangolamento».
Tali dichiarazioni, fornite anche in sede di interrogatorio di garanzia dopo l’arresto, secondo il giudice, «risultano assolutamente non credibili». Ma c’è di più. Fava mentì a Libertà riportando un passaggio della consulenza medico-legale disposta dalla Procura. Una circostanza evidenziata nelle motivazioni della sentenza: «A pochi giorni dalla pronuncia del dispositivo, l’imputato ribadiva la sua versione dei fatti a un quotidiano locale (Libertà, 4.9.2025). In quella sede, l’imputato ha spregiudicatamente fornito al quotidiano una versione artatamente falsa di un passaggio della relazione del Consulente del Pubblico Ministero: egli infatti informava il quotidiano del fatto che il Consulente del Pubblico Ministero aveva riconosciuto che l’azione da lui compiuta era (soltanto) “potenzialmente lesiva”, laddove invece - p. 23 della relazione - la Consulente scriveva “potenzialmente letifera”, e cioè potenzialmente mortale».