Il Babbo Natale di Grazzano, «una fatica bellissima»
«Quel bambino che mi disse: grazie, il mio papà è tornato»
Thomas Trenchi
|1 ora fa

Il babbo Natale di Grazzano
Arriva in anticipo di un quarto d’ora, come chi sa che la magia non tollera ritardi. Anche la preparazione, del resto, fa la sua parte: si può andare in scena solo quando ogni dettaglio è al posto giusto. E così eccolo, Silvano Esposito, che apre la porta della casetta di legno, sistema il tappeto rosso, toglie qualche foglia secca, accende il caminetto elettrico e si siede sulla poltrona. Assume quello sguardo dolce e rassicurante che non si può improvvisare: o ce l’hai nel cuore, o non esce. Babbo Natale, qui nel borgo di Grazzano Visconti, è lui: 69 anni, operaio in pensione, barba lunga come la tradizione comanda. Viene da Melzo, nel Milanese, ma appena può corre a Piacenza, dove vive sua figlia. I weekend diventano così un doppio regalo: un abbraccio ai familiari e la possibilità di trasformarsi nel “nonno” più atteso dai bambini. Indossa un abito rosso sì , ma specifica subito che non è quello «in stile Coca-Cola»: il suo è ispirato al Quattrocento, con stoffe pesanti e dettagli curati. E appena si accomoda nella casetta, la fila comincia a formarsi.
C’è chi vuole abbracciarlo, chi gli sussurra un desiderio all’orecchio, chi gli infila in mano una letterina. I più piccoli lo fissano incantati, come se fosse appena sceso dalla slitta. Per Silvano, questo lavoro è un lavoretto stagionale che le società di eventi richiedono in massa, ma soprattutto è una passione vera. «Da venticinque anni faccio rievocazioni storiche – racconta – a Venezia interpreto persino il doge». E mentre si prepara ad accogliere i primi bambini, parla del perché ha scelto proprio il ruolo di Babbo Natale.
« I bimbi hanno una purezza che ti entra dentro. Loro credono, senza riserve. E a me piace custodire quella scintilla. Preparare la casetta, sistemare ogni cosa, non è solo parte del lavoro: è un rito». Sorride mentre ricorda l’episodio che più l’ha colpito: «Qualche anno fa un bimbo mi è corso incontro nella nebbia, mi ha abbracciato fortissimo e mi ha detto: “Grazie, papà Natale. Il mio papà è tornato”. Lo sento ancora quel nodo alla gola».
Silvano viene a Grazzano due o tre volte al mese: «Con mia figlia che lavora in sala operatoria e un nipotino piccolo, ogni occasione è buona per essere qui. È una fatica bellissima».
E sì, perché qui Babbo Natale funziona come una piccola catena di montaggio, senza pause: la porta si apre, entrano i bambini, e ognuno porta con sé un mondo. C’è chi gli salta in braccio come se lo conoscesse da sempre, chi gli tira la barba, chi sfodera liste infinite di regali che spaziano dai giochi di legno ai droni supertecnologici. I più vivaci ricevono qualche raccomandazione affettuosa, quelli più timidi restano immobili, increduli, senza riuscire a parlare. Qualcuno si mette anche a piangere, perché l’emozione è travolgente. E Silvano ascolta tutti, uno per uno, come se ogni storia fosse preziosa. In fondo, la magia del Natale si rinnova un bambino alla volta.

