Dove saranno finiti quei bei fumetti di una volta? Cercateli nei musei archeologici

C'è chi lo crede un'invenzione moderna, invece il linguaggio del fumetto è antico di migliaia di anni

Alessandro Sisti
|2 giorni fa
Personaggi completi di fumetti per gli affreschi di una taverna di Pompei (MAN di Napoli)- © Libertà/Alessandro Sisti
Personaggi completi di fumetti per gli affreschi di una taverna di Pompei (MAN di Napoli)- © Libertà/Alessandro Sisti
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Sembra ieri che si celebravano i cent’anni del fumetto (invece era il 1995) e già amici e colleghi che si occupano di edizioni speciali, eventi e mostre mi parlano di grandi programmi per il bicentenario del 2026. Benissimo, però i conti non tornano, possibile che sia passato un altro secolo senza che me ne accorgessi? In effetti no, semplicemente dipende da quello che consideriamo il primo fumetto. A lungo lo si è identificato in “At the Circus in Hogan Alley”, la serie umoristica con Yellow Kid per protagonista, creata da Richard F. Outcault e pubblicata sui giornali newyorkesi dal 1894, dove tuttavia le battute fumettate nelle nuvolette apparvero solo nel ‘95. Primo per scelta assolutamente arbitraria, tanto per dire che i comics erano roba relativamente moderna e arrivavano dall’America, che allora – erano gli anni Sessanta – andava ancora di moda. D’altra parte le scelte arbitrarie sono fatte per essere messe in discussione e così, nel decennio seguente e con le dotte analisi di Umberto Eco, la Cultura Alta cominciò a retrodatare la nascita dei fumetti attribuendone la paternità a Rodolphe Töpffer, esimio pedagogo svizzero che nel 1826 iniziò a disegnare la sua prima storia. Che a ben vedere non era per niente un fumetto, se non per il fatto d’essere composta da vignette in sequenza nelle quali testo e illustrazioni si completano a vicenda, ovvero quello che tecnicamente si chiama “albo illustrato”, ma sofismi a parte, a chi dare ragione? Chi è stato il primo fumettista, Outcault o Töpffer? Nessuno dei due, perché la grammatica dei fumetti è precedente a entrambi di migliaia di anni.
Yellow Kid nella prima striscia realmente fumettata del 1895
Yellow Kid nella prima striscia realmente fumettata del 1895
Nell’Officina della settimana scorsa (chi l’ha letta mi perdonerà se mi ripeto) ho scritto che il fumetto è un mezzo di comunicazione che unisce immagine e testo, inserendo graficamente i dialoghi in modo che il lettore li “senta” pronunciati dai personaggi raffigurati. Può sembrare scontato eppure, se ci fermiamo a pensarci, è la sinergia fra due delle più remote e basilari invenzioni umane: la registrazione del linguaggio attraverso segni convenzionali e la rappresentazione visiva bidimensionale, cioè la scrittura e il disegno. Due strumenti potentissimi e un po’ parenti, così era inevitabile che a chi li padroneggiava venisse in mente di metterli insieme, fin dalle prime civiltà. Tipo quella dell’antico Egitto ed è infatti da lì che per quanto ne so, parte la nostra avventura. L’ho scoperto parecchi anni fa all’università, quando il professor Silvio Curto, mio docente di Storia della Scrittura nonché illustre archeologo e all’epoca direttore del Museo Egizio di Torino, sapendomi attivo come autore di fumetti mi regalò la fotocopia di un bassorilievo proveniente dalla necropoli di Giza. È una vera e propria tavola, su quattro strisce disposte per la lettura in sequenza, che rappresenta scene di corte con i personaggi intenti a diverse occupazioni… e sopra alle loro teste le battute in caratteri geroglifici! Non un caso isolato e un paio di mesi fa l’egittologa Divina Centore, anche lei attualmente in forza al ME torinese, mi ha mostrato un papiro raffigurante animali in abbigliamento umano, con una scimmia che suona il doppio flauto e gazzelle armate di lance e reti che catturano i leoni. Un papiro umoristico con animali umanizzati un bel po’ prima di Mickey Mouse e Bugs Bunny, che non riproduco qui poiché, dati i millenni che ha sulle spalle, le immagini sono difficili da interpretare e io stesso non ci sarei riuscito senza l’aiuto della dottoressa Centore; nondimeno chi volesse lo troverà online nella Collezione Papiri del Museo Egizio, al numero d’inventario cat. 2031/001. Dunque i fumetti sono nati insieme alle piramidi? Per interesse professionale ne ho cercato esempi anteriori, senza trovarne (se ne conosceste, avvisatemi), ma rinvenendone di posteriori nella Grecia classica, dove i fumetti diventano elementi decorativi di successo nella produzione di vasellame. Ce ne sono per tutti i gusti tra orci, piatti e kylix da simposio, ossia coppe per le cene fra amici, dove sono raffigurati convitati che nel fumetto (senza balloon, ma pazienza) intonano le canzoni in voga del momento, così che i commensali reali, vuotato il calice e adeguatamente sbronzi, le riconoscessero e cantassero pure loro. Se ne ammirano esemplari al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, dov’è conservata una pregevole pelike da olio – una specie di giara – anche quella a fumetti. Da una parte è illustrata con l’immagine del mercante, che fa assaggiare l’olio a una cliente chiedendole “È buono, vero?”, mentre su quella opposta una venditrice scaccia i randagi che vorrebbero leccare l’olio versato, gridando “Via, cani”. Risale più o meno al 520 a.C. e senz’altro faceva vendere il prodotto meglio delle fiasche anonime. Altrettanto bene andavano le vignette tratte dai bestseller dell’epoca sul genere dell’Iliade, come quella che decora l’anfora di Exekias dei Musei Vaticani dove Achille e Aiace giocano a dadi dichiarandosi i punti a fumetti, ma uno degli esempi più divertenti e sarcastici è quello dei vasi commemorativi della vittoria greca sui Persiani (con la maiuscola storica) nella battaglia del fiume Eurimedonte del 466 a.C. Su un lato appare un arciere persiano nella tipica tenuta, piegato a 90°, e dall’altro arriva un Greco mezzo nudo – all’epoca in Grecia doveva far caldo – baldanzoso e con la lancia in resta (per dirla signorilmente), che nel fumetto più o meno dichiara “Salve, sono Eurimedonte”. Ciascuno commemora a modo suo, i Romani ci avrebbero fatto un bell’arco di trionfo e una parata, ma avevano un impero da promuovere. Comunque anche loro conoscevano i fumetti e sugli affreschi alle pareti d’una taverna di Pompei, la caupona di Salvius, oggi esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si vedono scene della vita del locale, con gli avventori che si litigano un bicchiere, dicendo (a fumetti) “Qui” e “No, è il mio” all’ostessa che lo porta, che ribatte “Lo prenda chi vuole” e lo serve a qualcun altro.
La Bibbia medievale di St. Etienne de Harding: se non è un fumetto questo...
La Bibbia medievale di St. Etienne de Harding: se non è un fumetto questo...
Dopo la caduta di Roma arrivano i secoli del medioevo, più o meno bui a seconda dello storico che li racconta, però non tanto da impedire ai pochi che ne sono capaci di leggere fumetti come la Bibbia di St. Etienne de Harding del 1109, le cui pagine sono tavole modernissime, scandite in vignette e addirittura con personaggi scontornati per aumentarne l’effetto drammatico, fino a manoscritti quattrocenteschi come la Dichiarazione dei Diritti di Luigi XI sul Ducato di Borgogna, dove a rendere inoppugnabili i diritti regali sono elaborate splash page con eleganti cartigli come balloon. Dopo Gutenberg vignette e nuvolette si moltiplicano, accattivanti e facili da capire per ogni pubblico, ma è nel passato più profondo che nessuno se ne aspetterebbe tante. Invece il fumetto già c’era e basta cercarlo per scoprirlo. Senza esagerare nel trovarlo a tutti i costi come in certe trattazioni improbabili che m’è capitato di leggere, che vorrebbero riconoscere i primi fumetti addirittura nelle pitture rupestri del paleolitico. Peccato che non ci fossero testi, visto che la scrittura era ancora di là da venire, né alcun racconto, per cui quell’arte ancestrale serviva semmai a soddisfare il desiderio dei cavernicoli di vedersi circondati da una natura ricca di saporita selvaggina e a scagliare le lance contro cervi e bufali dipinti, per assicurarsi una buona caccia con quello che era al contempo un rituale e un allenamento. La pittura rupestre era insomma un’antenata, però della realtà virtuale.