Emergency in piazza: «La guerra non è mai una soluzione»

Ottanta persone in piazza per il sit-in nazionale che chiede la cessazione di tutti i conflitti

Riccardo Foti
|3 settimane fa
Emergency in piazza: «La guerra non è mai una soluzione»
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Fischietti, coperchi di padelle, sveglie, pentole, posate, campanelli, piatti, mazzi di chiavi e tanto altro,  per far rumore contro la guerra. Un’ottantina di persone, in piazzetta Mercanti, ha preso parte al sit-in rumoroso nazionale organizzato da Emergency, a cui anche Piacenza ha aderito per ricordare che «l'Italia ripudia la guerra». 
Il sit-in è stato una chiamata, non alle armi, ma ad un disarmo e una pace attiva, una pace a cui rimanda anche l'Articolo 11 della nostra Costituzione. «La guerra non è mai una soluzione, ricordando ciò che diceva sempre anche Gino Strada - spiega la referente di Emergency Piacenza Alessandra Allegri - chiediamo che vengano interrotti tutti i conflitti. Come cittadini tanto ci siamo mossi per quello che sta succedendo a Gaza, ma non dobbiamo dimenticare gli altri conflitti, come quello in Sudan, Paese che in questo momento sta passando un momento difficilissimo. Milioni sono i morti. La guerra non è una soluzione, ma è causa di problemi che soprattutto coinvolgono i civili, la guerra distrugge popolazioni e territori. Crediamo profondamente nella pace, siamo completamente contrari alla guerra come risoluzione di qualunque controversia».  
Da qualche giorno, esposto sulle pareti di Palazzo Gotico, è il grande striscione bianco e rosso della campagna di Emergency che recita “Questo Comune ripudia la guerra”. «Ci è voluto tempo ma anche il Comune di Piacenza ha aderito alla campagna “R1pud1a”. Il primo Comune del territorio è stato Sarmato, a cui hanno fatto seguito quello di Travo e Cerignale - ricorda Allegri - Come gruppo ci stiamo muovendo molto sul territorio. Speriamo, soprattutto, con questa campagna, di fare presa il più possibile sulle persone, sui cittadini». 
«Emergency da più di 30 anni opera in zone toccate dai conflitti e porta cure mediche gratuite alle vittime, che nella maggioranza dei casi sono civili - ricorda Paolo Sola, volontario - oggi è attiva in 9 Paesi e finora ha offerto assistenza a 13 milioni di persone».