Psa, l'allevatore: «Pronti a ripartire, ma due anni senza guadagni»
Una parte del territorio rimane in zona di restrizione 3, la più severa, ma l’Ausl di Piacenza, «visti i risultati raggiunti», ha chiesto al Ministero la revoca anticipata
Thomas Trenchi
|2 settimane fa

«Di fatto resteremo senza guadagni per due anni». La sintesi amara è di Angelo Ferrari, titolare della società agricola Saravazzina lungo la strada Cementirossi, tra Vigolzone e Rivergaro. L’8 gennaio un focolaio di peste suina ha svuotato l’allevamento: 3.600 capi abbattuti, cinque capannoni fermi e sei dipendenti rimasti senza lavoro stabile. «Oggi paghiamo quattro di loro, mentre due più anziani sono rimasti a casa». Nel frattempo l’azienda, in attesa dell’autorizzazione a ripartire, che «potrebbe arrivare nelle prossime settimane», ha rafforzato la biosicurezza con recinzioni, piazzola in cemento e una seconda zona filtro interna.
«Prevediamo di riprendere tra gennaio e febbraio 2026, un anno esatto dopo il focolaio. Abbiamo prenotato seicento fattrici, difficili da reperire. Ci vorrà un altro anno per tornare a pieno regime: partoriranno a ottobre, quindi i primi maiali saranno venduti a gennaio 2027. Ho un mutuo in corso: la banca lo ha congelato, ma ad aprile riparte e avrò ancora dieci mesi prima di ricominciare a vendere». L’impatto economico? «Devastante. A sei mesi dall’abbattimento ci hanno risarcito solo il 70% del valore dei suini biologici. Pesa soprattutto il fermo dell’attività» afferma Ferrari.
Intanto una parte del territorio piacentino rimane in zona di restrizione 3, la più severa contro la peste suina. Ma l’Ausl di Piacenza, «visti i risultati raggiunti», il 12 novembre ha chiesto al Ministero la revoca anticipata. Le basi: fauna selvatica monitorata con pochi cinghiali e quasi tutti negativi, nessun nuovo caso da maggio, misure di biosicurezza rafforzate e blocco immediato degli allevamenti non conformi. Il Ministero ha trasmesso la richiesta alla Commissione Ue: il dossier approderà al Comitato Paff del 20-21 novembre. «Se il parere sarà positivo, potremo uscire dalla zona 3» spiega il direttore del Dipartimento di Sanità pubblica Marco Maserati.
Il rischio però resta, e la rimozione delle carcasse rimane decisiva. «Le difficoltà maggiori sono il calo delle segnalazioni dei cittadini e l’aumento dei resti frammentati», osserva Maserati. Sul territorio pesa anche il lupo, che «riduce i cinghiali ma ne aumenta la movimentazione», ricorda il consigliere provinciale Federico Bonini (Lega), invocando più sostegni alla filiera.
Critico Giampaolo Maloberti, imprenditore agricolo ed esponente di Fratelli d’Italia, secondo cui «non è stato fatto tutto ciò che si doveva» per arginare la diffusione del virus.


