"Il flauto magico" torna al Municipale con belle voci e fa il pieno d'applausi
Spicca Claudia Urru nella Regina della Notte, accompagnata dall'orchestra ferrarese ben diretta da Raccanelli
Redazione
12 aprile 2025|16 giorni fa

© Libertà/Mauro Del Papa
Un ottimo cast vocale e una rappresentazione incentrata sull’immaginazione. È stata questa la “cifra” de “Il flauto magico” di Wolfgang Amadeus Mozart che è andato in scena ieri sera al Municipale (domani la replica alle 15 e 30), nell’ambito della stagione lirica allestita dalla nostra Fondazione Teatri.
Realizzato in coproduzione con il Teatro Comunale di Ferrara, l’ultimo melodramma (o meglio, “Singspiel”) scritto su libretto di Emanuel Schikaneder dal Genio salisburghese è stato affidato alla regìa di Marco Bellussi che, in collaborazione con Matteo Paoletti Franzato per le scene, Fabio Massimo Iaquone per le videoproiezioni, Elisa Cobello per i costumi e Marco Cazzola per le luci ha optato per un allestimento basato, come si diceva, sul potere dell’immaginazione. Una biblioteca ottocentesca, simbolo della sapienza a cui aspira il protagonista Tamino (e che poi è l’argomento dell’intero singspiel, infarcito di allusioni e riferimenti massonici ed esoterici), appoggiata su una piattaforma girevole ha fatto da scenografia a tutta l’opera. Del resto “Die Zauberflöte” è una favola in musica, e si sa, le favole si leggono nei libri, immaginando foreste, mostri, castelli, templi e quant’altro.
A caratterizzare ulteriormente la rappresentazione, che a Piacenza mancava da più di cinquant’anni, è però stato il cast vocale (tra i quali anche alcuni giovani cantanti selezionati dal pianista e direttore d’orchestra Leone Magiera, nell’ambito del progetto “Cantante 4.0”). Prima tra tutti è il caso di tributare un plauso a Claudia Urru, che nei panni della Regina della Notte ha eseguito con bravura “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen”, l’aria “simbolo” dell’opera.
Agile e squillante Antonio Mandrillo (Tamino), mentre Leonor Bonilla nei panni di Pamina ha espresso la giusta soavità timbrica richiesta dalla parte. Perfetta, anche scenicamente, la coppia “comica” dell’opera: Gianluca Failla ha dato voce e canto ad un perfetto Papageno (colorito e colorato con abito tirolese) al quale, come canta in “Ein Mädchen oder Weibchen”, a differenza del più “illuminato” Tamino per raggiungere la beatitudine basta solo bere, mangiare e amoreggiare con una “delicata colombella” (bieco maschilismo settecentesco, ma tant’è), che Alessandra Adorno (Papagena) ha reso con verve e agilità. Ottimo il “cattivo” Monostatos impersonato da Lorenzo Martelli, che nel finale sembra un cartone animato portando in scena i candelotti di dinamite per far saltare in aria il tempio della Saggezza (chapeau a Bellussi, che avrà forse pensato a Willy il Coyote). Bravo anche Dmitrii Grigorev nei panni di Sarastro, così come i due terzetti (le Dame Gesua Gallifoco, Silvia Caliò e Janessa Shae O’Hearn e i Fanciulli Khloe Kurti, Lorenzo Pigozzo e Giovanni Maria Zanini) e gli altri comprimari. Il Coro del Municipale preparato da Corrado Casati e l’“Orchestra Città di Ferrara” magistralmente diretti da Massimo Raccanelli hanno fatto il resto, portando al successo la rappresentazione.
MAURO BARDELLI
Realizzato in coproduzione con il Teatro Comunale di Ferrara, l’ultimo melodramma (o meglio, “Singspiel”) scritto su libretto di Emanuel Schikaneder dal Genio salisburghese è stato affidato alla regìa di Marco Bellussi che, in collaborazione con Matteo Paoletti Franzato per le scene, Fabio Massimo Iaquone per le videoproiezioni, Elisa Cobello per i costumi e Marco Cazzola per le luci ha optato per un allestimento basato, come si diceva, sul potere dell’immaginazione. Una biblioteca ottocentesca, simbolo della sapienza a cui aspira il protagonista Tamino (e che poi è l’argomento dell’intero singspiel, infarcito di allusioni e riferimenti massonici ed esoterici), appoggiata su una piattaforma girevole ha fatto da scenografia a tutta l’opera. Del resto “Die Zauberflöte” è una favola in musica, e si sa, le favole si leggono nei libri, immaginando foreste, mostri, castelli, templi e quant’altro.
A caratterizzare ulteriormente la rappresentazione, che a Piacenza mancava da più di cinquant’anni, è però stato il cast vocale (tra i quali anche alcuni giovani cantanti selezionati dal pianista e direttore d’orchestra Leone Magiera, nell’ambito del progetto “Cantante 4.0”). Prima tra tutti è il caso di tributare un plauso a Claudia Urru, che nei panni della Regina della Notte ha eseguito con bravura “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen”, l’aria “simbolo” dell’opera.
Agile e squillante Antonio Mandrillo (Tamino), mentre Leonor Bonilla nei panni di Pamina ha espresso la giusta soavità timbrica richiesta dalla parte. Perfetta, anche scenicamente, la coppia “comica” dell’opera: Gianluca Failla ha dato voce e canto ad un perfetto Papageno (colorito e colorato con abito tirolese) al quale, come canta in “Ein Mädchen oder Weibchen”, a differenza del più “illuminato” Tamino per raggiungere la beatitudine basta solo bere, mangiare e amoreggiare con una “delicata colombella” (bieco maschilismo settecentesco, ma tant’è), che Alessandra Adorno (Papagena) ha reso con verve e agilità. Ottimo il “cattivo” Monostatos impersonato da Lorenzo Martelli, che nel finale sembra un cartone animato portando in scena i candelotti di dinamite per far saltare in aria il tempio della Saggezza (chapeau a Bellussi, che avrà forse pensato a Willy il Coyote). Bravo anche Dmitrii Grigorev nei panni di Sarastro, così come i due terzetti (le Dame Gesua Gallifoco, Silvia Caliò e Janessa Shae O’Hearn e i Fanciulli Khloe Kurti, Lorenzo Pigozzo e Giovanni Maria Zanini) e gli altri comprimari. Il Coro del Municipale preparato da Corrado Casati e l’“Orchestra Città di Ferrara” magistralmente diretti da Massimo Raccanelli hanno fatto il resto, portando al successo la rappresentazione.
MAURO BARDELLI