“Medicina 3. Lotta al Sars-Cov 2”, il diario di un medico dalla battaglia contro il Covid-19
31 Ottobre 2023 14:34
Oggi è una splendida giornata di metà febbraio, è il 2020.
[…] Niente faceva presagire che, di colpo, le nostre vite e la nostra quotidianità sarebbero cambiate, forse per sempre». Con queste parole inizia il racconto della pandemia di Tiziano Luce, medico chirurgo che, da marzo 2020, si è trovato impegnato ad affrontare l’epidemia da Covid-19 nel reparto di Medicina 3.
Nel suo libro “Medicina 3. Lotta al Sars-Cov 2”, pubblicato dal Gruppo Albatros il Filo, Luce desidera raccontare l’impegno di tutto il personale medico durante uno dei periodi più drammatici della nostra storia recente. Tra le pagine del suo libro-diario condivide ciò che è stato fatto per fare fronte all’emergenza sanitaria, nonostante le difficoltà e le incertezze suscitate dalla pandemia. Il diffondersi del virus avviene quasi contestualmente al suo insediamento in una nuova clinica. Nessuno, soprattutto nel reparto di infettivologia, sembra particolarmente preoccupato, all’inizio. È da metà febbraio che, con la scoperta dei focolai nel Nord Italia, iniziano le prime misure di contenimento, vengono individuate le prime zone rosse, ma allo stesso tempo l’opinione pubblica cerca di tenere bassi i toni e di evitare allarmismi. È l’8 marzo dello stesso anno, data che coincide con il primo turno di Tiziano Luce presso il punto di primo intervento della clinica, che la gravità della situazione si rende manifesta con l’istituzione del lockdown nazionale.
L’autore ci permette di entrare nello spazio intimo dei suoi pensieri, delle sue impressioni: è un giovane medico che non vuole soltanto rimanere al suo posto e assolvere alle sue mansioni, ma che desidera offrire il suo contributo concreto nella lotta al Covid-19. È così che, dopo un colloquio sostenuto quasi per forza, ha inizio l’esperienza che darà una svolta importantissima alla sua vita. È un profilo complesso e interessante, quello offerto dall’autore, a volte ironico e scanzonato, altre volte brillante e determinato, deciso a superare gli ostacoli e a crescere a livello umano e professionale.
Per fare il medico è necessario possedere una buona dose di coraggio, ma forse anche una certa propensione al rischio, in determinate circostanze. Lo stesso Tiziano Luce apre il suo libro non parlando del suo lavoro o della formazione universitaria, ma con il racconto dei suoi viaggi, delle montagne scalate negli anni passati nei luoghi più reconditi della Terra, in condizioni estreme: il monte Kilimangiaro, poi il monte Elbrus, il Mera Peak, l’Aconcagua. In quelle circostanze l’istinto di sopravvivenza si amplifica, insieme alla paura e al desiderio di raggiungere risultati sempre più significativi. In un certo senso sembra che per Tiziano Luce sia stato lo stesso anche nel momento in cui ha scelto di operare nei reparti Covid, lavorando con turni particolarmente intensi e in situazioni non semplici. Fa sorridere il momento in cui l’autore racconta alla madre del suo nuovo lavoro: «Non si meraviglia più di tanto, quasi se l’aspettava, e mi dice “In fondo rischio per rischio, piuttosto che non avere tue notizie mentre sei sperduto chissà dove in uno dei tuoi viaggi, è meglio se stai qui a rischiare di prenderti il Covid”».
Un elemento che salta subito all’occhio è quanto il Covid abbia rinsaldato i legami, sia tra i membri del personale sanitario, sia soprattutto con i pazienti. Erano infatti medici e infermieri a dover offrire, oltre alle cure, rassicurazioni e conforto, anche quando la paura e l’incertezza rischiavano di prendere il sopravvento. Non è un risultato da dare per scontato: se immaginiamo la grande mole di pazienti e di personale sanitario assunto in stato di emergenza, in particolar modo in un periodo storico in cui il contatto interpersonale era per forza di cose ridotto all’osso, la direzione più naturale da prendere sembra piuttosto quella della spersonalizzazione, della necessità di ridurre le persone a mere cartelle cliniche per ottimizzare i tempi. La straordinaria umanità che invece è stata riscoperta nell’emergenza sorprende e certe volte commuove, lì dove insieme al sintomo vengono trattate le fragilità, i vissuti, gli affetti. Tiziano Luce ci tiene a menzionare nel suo libro i colleghi, quelli che già conosceva e i nuovi arrivi, ma anche i pazienti, le loro storie e il modo in cui queste hanno lasciato un segno nella sua vita.
Quando un paziente guarisce la gioia è di tutti, ma anche quando le condizioni si aggravano diventa necessario fare squadra, stringersi quando avviene l’inevitabile. È toccante il ricordo del primo paziente che purtroppo soccombe alla malattia. Scrive l’autore, quando si trova a consolare una collega particolarmente scossa dall’accaduto, che quasi prova vergogna della sua emotività: «la sensibilità e l’empatia sono doti preziose, anzi, bisogna cercare di non perderle mai, anche quando la morte dei pazienti diventa frequente, quasi una routine, ed in qualche modo si tende sempre ad abituarsi alla routine. Ripenso ad una frase, non ricordo chi l’abbia detta: “La cosa più bella che un uomo può donare dopo il proprio sangue è una propria lacrima”».
Collaborazione e voglia di fare sono tra le parole d’ordine di questa testimonianza. La condivisione della propria esperienza permette di creare sinergie nuove e più efficaci, così da non rischiare di rimanere impotenti di fronte alle emergenze. Tiziano Luce racconta quanto sia stato importante creare un legame di fiducia e scambio reciproco con gli infermieri e i colleghi medici, così da rendere più armonica ed efficiente la vita in reparto. Lui stesso ha insegnato ai colleghi tecnici e agli infermieri, per esempio, come leggere gli emogas o gli elettrocardiogrammi, con una dedizione e una propensione all’insegnamento tali da guadagnarsi il bonario soprannome di Papà Castoro. Nel clima di emergenza che si respirava in quei mesi, infatti, imparare ed essere formati anche al di là delle proprie mansioni di base poteva davvero fare la differenza.
È un racconto emozionante quello di Tiziano Luce: tra i corridoi dei reparti si dipana la vita e in questo microcosmo bisogna imparare a muoversi a volte a passo svelto, altre volte serve invece concedersi di rallentare un po’. Non mancano scherzi e litigi, momenti in cui si prova a riposare per qualche ora, esausti, o altri in cui si configura una lotta contro il tempo in cui ogni istante è prezioso e potenzialmente vitale.
Leggere il libro di Tiziano Luce ci permette di immergerci, per qualche ora, in una battaglia che nella maggior parte dei casi abbiamo visto soltanto dall’esterno, al telegiornale o attraverso racconti più o meno diretti. La sua testimonianza racchiude quella delle migliaia di medici “della porta accanto” che, con coraggio e dedizione, hanno reso possibile di venire fuori dallo stato di emergenza, nonostante tutta una serie di difficoltà e complicazioni. Per questo non c’è da sorprendersi se rivolge parole dure contro chi ancora oggi nega la gravità della situazione o cerca di sminuire le misure che è stato necessario prendere per contenere l’infezione. “Medicina 3. Lotta al Sars-Cov 2” vuole essere un modo per far conoscere che cosa abbia significato il Covid-19, ma soprattutto un modo per non dimenticare i mesi più stringenti della pandemia. È un inno di rabbia e dolore, di gioia e orgoglio, di lacrime e risate: la testimonianza di una missione difficile, ma che alla fine ha portato alla vittoria.
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