Ladyhawke, inediti in Abruzzo. Castellarquato punta ad averli
A Calascio mostra con foto mai viste, tour guidati, proiezioni. Rocchetta: «Proviamoci. Ora siamo al lavoro su un evento con i rapaci»
Federica Duani
|1 settimana fa

Broderick, Hauer e Pfeiffer in una scena del film Ladyhawke
Non campanilismo, ma consapevolezza del valore simbolico e pratico di un patrimonio condiviso. E allora sarebbe bello che anche Castellarquato ospitasse l’inedita mostra “Ladyhawke 1985-2025 – 40 anni”, che il Comune abruzzese di Calascio ha inaugurato solo pochi giorni fa, il 6 dicembre. E il sindaco arquatese,Ivano Rocchetta, sarebbe pronto ad accoglierla.
La mostra ripercorre i quarant’anni del film “Ladyhawke”, kolossal americano di Richard Donner che negli anni Ottanta trasformò borghi e castelli italiani in scenari da fiaba gotica e uscì nelle sale italiane ad ottobre 1985. Per farlo Calascio propone un percorso espositivo che riunisce materiali originali e contenuti mai visti prima. In evidenza i costumi autentici della pellicola, messi a disposizione dalla Collezione Costumi d’Arte Peruzzi in collaborazione con l’associazione History Life Onlus, e un prezioso gruppo di fotografie del dietro le quinte firmate da Alfonso D’Antonio, scattate durante le riprese e ora esposte al pubblico per la prima volta.
Per un mese intero, iniziative e attività guideranno visitatori, cinefili e cittadini in un’esperienza immersiva tra i luoghi che trasformarono il borgo in una celebrità internazionale. Il Comune aquilano, però, questa fama la deve quanto meno condividere con il paese piacentino. Se è vero che Michelle Pfeiffer (la bella Isabeu di Anjou) e Rutger Hauer ( il capitano Etienne di Navarre) recitarono tra le mura della Rocca di Calascio, Hauer lo fece anche a Castellarquato, dove sui ciottoli di piazza del Municipio e ai piedi della Rocca Viscontea c’era anche Vittorio Storaro, direttore alla fotografia. Di quel set tra settembre e ottobre 1984 ne raccontano ancora bene gli arquatesi (di recente anche a Libertà): comparse reclutate in piazza e pagate in contanti, sveglie all’alba per il trucco, scenografie che cambiarono per giorni il volto del borgo, e un intero paese coinvolto in un set a cui parteciparono ragazzi, artigiani, curiosi.
Un pezzo di memoria collettiva che non riguarda solo il cinema.

