Riscoprire il valore della cura per generare futuro consapevole

Convegno alla Cattolica: «Un tema di particolare rilievo per la nostra società, che ha bisogno di recuperare il senso di cura per la nostra casa comune»

Redazione Online
|3 settimane fa
Riscoprire il valore della cura per generare futuro consapevole
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Prendersi cura di sé, dell’altro, del mondo e del proprio passato per essere in grado di generare futuro. È questo il tema dell’annuale convegno che la Facoltà di Scienze della Formazione ha organizzato nel centro congressi G. Mazzocchi del campus di Piacenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Una mattinata di studi, interdisciplinari, che ha visto alternarsi diverse voci attorno ad un tema complesso, che tocca diversi aspetti e che riguarda anche il rapporto tra generazioni.
Ad aprire i lavori è stato il preside di facoltà, Domenico Simeone, che in video-collegamento ha salutato i relatori e la platea di studenti e studentesse, in arrivo anche da diversi istituti superiori. «Un tema di particolare rilievo per la nostra società – ha sottolineato il preside –, che ha bisogno di recuperare il senso di cura per la nostra casa comune». Simeone ha parlato dell’importanza di custodire la memoria e del rapporto tra generazioni. «Ciascuno è custode di un dono della memoria che viene dal passato. Il nucleo della società della cura sta nella capacità di riconoscere e trasmettere questo dono tra generazioni».
«La cura – ha sottolineato Maria Letizia Bosoni, professoressa associata di sociologia dell’Università Cattolica chiamata a moderare gli interventi – non è un dovere morale o un principio assistenziale ma una richiesta di farsi carico dell'altro. Un atto che innesca un cambiamento tra chi riceve e chi dà». Un concetto, il prendersi cura, che Università Cattolica, ha ricordato il direttore di sede Piacenza Cremona Angelo Manfredini, ha fatto proprio.
«Il Campus funziona – ha sottolineato - perché tutti fanno la loro parte e perché gli studenti vivono questo come un luogo in cui la persona è messa al centro». «Affrontiamo il tema della cura – ha sottolineato Paola Ponti, coordinatrice del corso di laurea in scienze dell’educazione e della formazione - dal punto di vista dei luoghi che abitiamo, ma anche come cura del passato, per essere in grado di generare futuro, e come capacità di riconoscere la singolarità di ogni persona, supportandone i talenti e accompagnandone le fragilità». Ma come si declina la cura? Durante la prima parte del convegno hanno portato il loro punto di vista Michele Filippo Fontefrancesco, professore associato di antropologia dell’Università Cattolica, il quale ha parlato della cura dei propri spazi.
Paolo Valvo  ricercatore di storia contemporanea dell’Università Cattolica, ha invitato a uscire dalla «logica esclusivista della memoria a favore della celebrazione di una memoria condivisa» mentre Alessandra Gerolin, professoressa associata di filosofia morale dell’Università Cattolica ha parlato del riconoscimento. «Essere riconosciuti nel proprio valore consente di avere autocoscienza di sé». La seconda parte ha dato spazio a testimonianze, anche di ex studenti e studentesse, per poi affidare le conclusioni a Linda Lombi, professoressa associata di sociologia dell’Università Cattolica. Lombi ha messo in guardia dai fraintendimenti attorno alla parola cura.
«Una – ha detto - è la femminilizzazione della cura, intesa quasi come un destino biologico, per sole donne». «L’altra – ha aggiunto – è la tecnicizzazione della cura che pone attenzione solo al fare per, e non all’essere con». Infine c’è la retorica dell’eroicità della cura: «Rende omaggio ai care giver, deresponsabilizzando però la collettività, con il rischio di far sentire isolato chi si prende cura».