Cresce la popolazione a Piacenza, sempre meno giovani e più anziani

Si conferma il processo strutturale di invecchiamento della popolazione. Sezioni dell’Osservatorio dell’Economia e del Lavoro in Emilia-Romagna

Redazione Online
|7 ore fa
Piacenza dall'alto
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Cresce la popolazione a Piacenza, ma preoccupano i dati sulle nuove nascite e sul numero di giovani sia a livello locale che regionale.
Al primo gennaio 2025 in Emilia-Romagna erano presenti 4.482.977 residenti, dato in leggero aumento del +0,2% rispetto all’anno precedente, confermando per il secondo anno consecutivo un andamento positivo che interrompe l’andamento negativo e la successiva stabilità registrata in seguito agli effetti della pandemia. In linea con quanto registrato nella fase pre-pandemica, l’andamento registrato nell’ultimo anno è stato determinato da un saldo naturale ampiamente negativo e da un saldo migratorio positivo più ampio che è riuscito a invertire l’andamento della variazione della dinamica naturale. All’interno della dinamica naturale si osserva un nuovo minimo storico di nati e una diminuzione del numero di decessi, mentre all’interno della dinamica migratoria si osserva un dato positivo sia per i movimenti interni nazionali che per quelli esteri, anche se risultano meno ampi dell’anno precedente.
A livello territoriale si registra un andamento differenziato tra le diverse province, con una crescita più marcata nelle province di Modena (+0,4%), Piacenza (+0,3%), Parma (+0,3%), Reggio Emilia (0,3%) e Città Metropolitana di Bologna (+0,3%). Maggiori criticità si osservano nell’area della Romagna, dove Rimini e Forlì-Cesena mostrano una sostanziale stabilità, seguite da Ferrara con una contrazione molto contenuta di residenti e da Ravenna che invece mostra una contrazione del -0,1%.
Invecchiamento della popolazione
Si conferma il processo strutturale di invecchiamento della popolazione, dove la struttura per età appare fortemente sbilanciata verso le classi di età più anziane:
A livello regionale, i residenti under15 mostrano una contrazione significativa (-11mila), insieme ai 45-59enni (-14mila) e ai 30-44enni (-2,9mila). Si continua a osservare una riduzione delle fasce di età a più alta fecondità 15-49enni (a causa della forte riduzione del tasso di fecondità registrato tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Novanta) e contestualmente una progressiva riduzione del tasso di fecondità che si attesta a 1,19 nel 2024 (in contrazione sia per la componente italiana che per quella straniera), elemento su cui appare fondamentale agire in primo luogo per ridurre il gap tra numero di figli desiderato e numero di figli realizzato, considerando le criticità occupazionali, abitative, l’offerta di servizi, ma anche i cambiamenti delle aspettative della popolazione rispetto a tale tema;
Crescono le fasce di età più elevate dei 60-74enni (+17,7mila) e dei grandi anziani over75 (+8mila). I grandi anziani rappresentano il 13,4% della popolazione, dato che, come noto, pone importanti interrogativi su diverse dimensioni: dalla crescente domanda di cura, all’integrazione dei servizi sociali e sanitari, all’abitare, alle politiche di prevenzione e di invecchiamento attivo. Allo stesso tempo, aumenta progressivamente la quota dei nuclei familiari unipersonali, che rappresentano il 40,2% del totale dei nuclei. Il 25,2% dei nuclei unipersonali è composto da grandi anziani over75, elemento che sottolinea un potenziale rischio di fragilità socio-sanitaria.
Gli indici demografici registrano le criticità appena richiamate: nel 2025 l’indice di vecchiaia raggiunge quota 212,1 (212 over65 ogni 100 under15), l’indice di dipendenza strutturale raggiunge quota 57,9 (ogni 100 persone in età lavorativa 15-64enni se ne contano 58 statisticamente non attivi under15 e over65), l’indice di ricambio della popolazione attiva raggiunge quota 153,2 (ogni 100 persone potenzialmente prossime all’entrata nel mercato del lavoro 15-19enni, se ne registrano 153 prossime all’età pensionabile 60-64enni).
I cittadini stranieri
Al 1° gennaio 2025 i cittadini stranieri residenti in Emilia-Romagna sono 579.414, in crescita del +0,7%, e rappresentano il 12,9% del totale della popolazione, dato che conferma come l’Emilia-Romagna sia la prima regione in Italia per incidenza di residenti stranieri. Quasi la metà dei residenti proviene da Stati europei (il 22,5% da uno stato dell’Unione europea e il 24,3% da altri Paesi europei) e come noto la popolazione straniera mostra una struttura per età marcatamente più giovane rispetto a quella italiana (età media 37,1 anni rispetto a 48,6), anche se va
sottolineato come anche la componente straniera stia vivendo un progressivo processo di invecchiamento. L’indice di invecchiamento della popolazione straniera è infatti aumentato progressivamente da 8 nel 2005 a 47 nel 2025, con una accelerazione negli ultimi anni. Inoltre, anche se i nuovi nati stranieri continuano a rappresentare una percentuale molto importante del totale dei nati (21,7% nel 2024, dato provvisorio), in termini assoluti se ne osserva una contrazione, in linea con una progressiva riduzione del tasso di fecondità anche della componente straniera e dell’incremento delle acquisizioni di cittadinanza.
Le acquisizioni di cittadinanza sono state circa 29mila nel 2024, rappresentando il valore più elevato ad oggi, indicando come il processo migratorio non possa essere più interpretato come un fenomeno transitorio e temporaneo, rappresentando l’acquisizione di cittadinanza italiana un indicatore del consolidamento e della progressiva stabilizzazione del fenomeno migratorio.
Volgendo lo sguardo al futuro, le proiezioni demografiche al 2042 rese disponibili della Regione mostrano come in linea con le tendenze già in atto si acuirà il processo di invecchiamento della popolazione: nello scenario di riferimento l’indice di vecchiaia raggiungerà quota 257 e i residenti over65 rappresenteranno il 29,3% della popolazione. Uno scenario ad alta immigrazione e uno scenario ad alta fecondità permetterebbero di ottenere un minore sbilanciamento tra le generazioni, diversamente uno scenario ipotetico senza migrazioni (in entrata e in uscita) produrrebbe un importante aggravamento dello squilibrio generazionale già oggi presente.
Giovani e istruzione
Rispetto al tema della condizione giovanile, i dati descrivono una situazione in regione complessa e attraversata da tensioni strutturali. Da un punto di vista demografico la quota di giovani 15-34 resta inferiore alla media europea (20,1% in ER contro il 22,5% in UE). Cresce anche nel 2024 l’emigrazione (a livello nazionale +155.732 espatri) verso mete europee, soprattutto di giovani con titoli di studio elevati.
I percorsi di autonomia abitativa restano fragili per la componente giovanile della popolazione: a livello nazionale oltre 6 ragazzi e ragazze su 10 vivono ancora con almeno un genitore.
L’istruzione presenta segnali di miglioramento, ma l’Italia resta distante dagli obiettivi dell’agenda Europea. Nel 2024 cala la dispersione scolastica e la regione (7,9%) raggiunge gli obiettivi fissati sia dalla Commissione Europea (9%). L’Emilia-Romagna riporta percentuali di laureati giovani (25-34) migliori (36,9%) rispetto alla media nazionale, ma resta sotto la media europea (44,1%).
Il mercato del lavoro mostra segnali misti. Gli occupati 15-34 crescono (+3.648), ma crescono anche gli inattivi (+14.252). Il fenomeno NEET resta di rilievo: 11% in regione e 15,2% in Italia. La qualità dell’occupazione giovanile resta un nodo critico: quasi metà dei lavoratori under 30 è impiegata con contratti temporanei o stagionali, più frequenti tra le donne. Sul piano retributivo, si osserva un doppio divario: generazionale e di genere. I giovani guadagnano molto meno dei colleghi più anziani: la differenza tra under 19 e over 40 raggiunge 74,7 euro al giorno, le donne percepiscono in media 32,7 euro in meno degli uomini, con divari che diventano estremi nei ruoli dirigenziali. Dal punto di vista imprenditoriale, anche nel 2024, le imprese giovanili continuano a diminuire a livello nazionale (-12.833) e regionale (-153).
L’analisi delle dinamiche strutturali e delle proiezioni future dello scenario demografico regionale conferma alcuni interrogativi di fondo emersi nelle precedenti edizioni dell’Osservatorio, sia sul fronte delle dinamiche demografiche che su quello della condizione giovanile. Da un lato, la progressiva diminuzione delle classi di età più giovani pone interrogativi circa il rinnovo demografico regionale, così come la contrazione delle fasce centrali di età si traduce in una difficoltà in termini di rinnovo della potenziale forza lavoro. Contestualmente, l’incremento delle classi di età più anziane pone interrogativi circa l’organizzazione e l’erogazione dei servizi socio-sanitari e l’attivazione di politiche di prevenzione e di invecchiamento attivo, in un contesto in cui si osserva una crescente quota di nuclei unipersonali, concentrati soprattutto nelle fasce più avanzate di età.
Per il segretario generale della Cgil Emilia Romagna Massimo Bussandri «La ricerca ci mostra una Emilia Romagna in cui la popolazione cresce leggermente principalmente per effetto di un saldo migratorio positivo, che è quello che regge sia la demografia sia il sistema produttivo - le sue parole -. La popolazione in Emilia-Romagna, infatti, invecchia sempre più celermente, questo ci interroga e pone alcuni grandi temi al centro del rinnovo del Patto per il lavoro e per il clima: primo, lavoro di qualità, se non c'è lavoro di qualità, non attraiamo le teste e le braccia necessarie per far funzionare il nostro sistema produttivo e non tratteniamo nemmeno i nostri giovani costretti ad anni di precariato e a un eterno noviziato nel mondo del lavoro. Secondo la casa. Il «caro abitare» è un nodo da sciogliere se non vogliamo che i giovani continuino a rimanere in casa con i genitori impedendo ogni progettazione di famiglia e di futuro. Terzo, il welfare: abbiamo bisogno, a fronte di una popolazione che invecchia, di garantire cura assistenza e invecchiamento attivo e le professionalità che siano in grado di assicurare questi valori. Quarto, sostenibilità climatica e ambientale, non solo come elemento di sopravvivenza della nostra specie sul pianeta, ma anche come elemento di attrazione di abitanti, di investimenti e pertanto di produzioni».