«Così abbiamo salvato due vite con il defibrillatore»
A Nel Mirino protagonista il sistema che ha reso Piacenza la città più cardioprotetta d’Europa
Filippo Lezoli
9 maggio 2025|8 giorni fa

A Piacenza c’è un defibrillatore ogni 300 abitanti, una diffusione che ha consentito di salvare molte vite che si sono trovate minacciate da quella che è a tutti gli effetti un’epidemia silenziosa: l’arresto cardiaco, che in Italia fa una vittima ogni 8 minuti. Arriva senza preavviso, colpisce i giovani come gli anziani, anche persone in salute.
Chi ha creato “Progetto Vita”, a cui è stata dedicata la puntata di “Nel Mirino”, la trasmissione di Telelibertà condotta da Nicoletta Bracchi, ha capito prima di tutti che il defibrillatore può fare la differenza contro l’arresto cardiaco, tanto che Piacenza è diventata oggi un modello ed è la città più cardioprotetta d’Europa. Per diventarla il percorso non è stato in discesa. «Lasciare nelle mani dei cittadini uno strumento salvavita era considerato impensabile - dice Daniela Aschieri, cardiologa e presidente di “Progetto Vita” - il primo passo per rompere il ghiaccio fu credere al professore Alessandro Capucci, primario di cardiologia, che 27 anni fa sull’esempio di Seattle volle fare un progetto per Piacenza».
«Chiunque - continua Aschieri - dovrebbe sapere dov’è il defibrillatore più vicino e in caso di necessità saperlo usare. Averne uno nel raggio di 200 metri garantisce un soccorso immediato. Oggi a Piacenza ce ne sono oltre 1.300, ma non sono mai abbastanza».
Chi ha creato “Progetto Vita”, a cui è stata dedicata la puntata di “Nel Mirino”, la trasmissione di Telelibertà condotta da Nicoletta Bracchi, ha capito prima di tutti che il defibrillatore può fare la differenza contro l’arresto cardiaco, tanto che Piacenza è diventata oggi un modello ed è la città più cardioprotetta d’Europa. Per diventarla il percorso non è stato in discesa. «Lasciare nelle mani dei cittadini uno strumento salvavita era considerato impensabile - dice Daniela Aschieri, cardiologa e presidente di “Progetto Vita” - il primo passo per rompere il ghiaccio fu credere al professore Alessandro Capucci, primario di cardiologia, che 27 anni fa sull’esempio di Seattle volle fare un progetto per Piacenza».
«Chiunque - continua Aschieri - dovrebbe sapere dov’è il defibrillatore più vicino e in caso di necessità saperlo usare. Averne uno nel raggio di 200 metri garantisce un soccorso immediato. Oggi a Piacenza ce ne sono oltre 1.300, ma non sono mai abbastanza».

A "Nel Mirino" si è dato spazio anche a chi è stato salvato e ai soccorritori, come Valentina Pellizzoni, medico e volontaria di “Progetto Vita”, che ha salvato il suo vicino di casa. «Non dimenticherò mai quel giorno - dice - con la persona che ho rianimato è nato da allora un rapporto speciale».
Oppure la storia Brenda Sarno e Lence Kostadinova, che nel 2019, durante una serata di svago in discoteca, si sono trovate nel posto giusto al momento giusto. «Il dj ha interrotto la musica e chiesto aiuto - raccontano - a terra c’era un uomo, avremmo poi saputo che si chiamava Giovanni, abbiamo applicato le manovre di rianimazione e massaggiato il paziente, intanto gli addetti della discoteca ci hanno portato il Dae. Lo strumento ha consigliato la scarica e si è così salvato». E ancora quella di Matteo Guglielmi, medico di medicina generale che racconta di quando recentemente ha soccorso un uomo, andato in arresto cardiaco mentre giocava a padel. «Il fatto di essere medico mi ha fatto restare freddo in quella situazione - dice - ma chiunque, in pochi passaggi, può salvare una persona attraverso il defibrillatore. Abbiamo impiegato due minuti ad attaccarlo, la rapidità ha escluso danni neurologici». «La rapidità dell’intervento è fondamentale - aggiunge infatti Aschieri - entro sei minuti il paziente deve essere trattato con il defibrillatore e rianimato, altrimenti le sue possibilità di sopravvivere scendono del 10% per ogni minuto che passa».
La formazione diventa dunque un fattore decisivo. Lo ricorda Tommaso Costantini, studente che già all’età di sei anni è stato formato all’utilizzo del Dae. «Sono stato uno degli oltre 100mila, fra bambini e ragazzi, formati negli ultimi 15-20 anni» dice. «Insegnare l'uso del Dae agli studenti universitari - dice Costantini - aggiungerebbe un ulteriore valore al progetto».
