Michele Giuttari: «Nel gruppo dei Mostri di Firenze anche potenti e intoccabili. Bloccarono le indagini, ma oggi collaboro con la Commissione Antimafia»
L'inchiesta di Libertà sul caso irrisolto degli 8 duplici delitti delle coppiette prosegue con un'ampia intervista all'ex capo della Squadra mobile di Firenze e scrittore

Eleonora Bagarotti
|1 settimana fa

Michele Giuttari ha ricoperto incarichi importanti alle Squadre mobili di Reggio Calabria e Cosenza e alla Direzione investigativa Antimafia di Napoli e Firenze. Come capo della Squadra mobile di Firenze, ha diretto le indagini sul Mostro. Dal 2003 è stato a capo di un pool investigativo denominato Gides (Gruppo investigativo Delitti seriali), ha intrapreso la carriera di scrittore e il suo ultimo libro s’intitola “I Mostri di Firenze e il patto segreto”.
Con Giuttari, che è stato in prima linea negli accertamenti non solo dei cosiddetti “compagni di merende” ma anche dei presunti mandati e del cosiddetto “secondo livello”, prosegue l’inchiesta di Libertà sul caso irrisolto (dopo la lunga intervista al perito Ivan Galliani, che lavorò al caso con Francesco De Fazio).
Con Giuttari, che è stato in prima linea negli accertamenti non solo dei cosiddetti “compagni di merende” ma anche dei presunti mandati e del cosiddetto “secondo livello”, prosegue l’inchiesta di Libertà sul caso irrisolto (dopo la lunga intervista al perito Ivan Galliani, che lavorò al caso con Francesco De Fazio).

Il caso del Mostro di Firenze è salito di nuovo alla ribalta delle cronache con una serie televisiva che però riguarda il tema dei femminicidi e la cosiddetta pista sarda, che fu uno dei depistaggi delle indagini. Lei, nel suo ultimo libro, ha cercato di fare chiarezza. Soprattutto, sta collaborando con l’Antimafia che si sta occupando del Mostro. Le domando: a che punto siamo con le indagini? Si arriverà mai a una verità di un caso tanto intricato, soprattutto per le vittime?
«Pista sarda? Femminicidi? I fatti certi e le sentenze dicono che quella pista non c’entra nulla con i Mostri di Firenze. A suo tempo ha deviato le indagini per ben 7 anni (1982-1989) su personaggi prosciolti e nel dicembre 1989 dal giudice fu definitivamente archiviata. Anche sulla pistola di quel delitto del 1968 (diverso completamente dagli altri, sia nell’esecuzione materiale, sia nel movente) non esiste certezza dal momento che le perizie furono fatte solo su un piccolo campione di bossoli e di proiettili (per il delitto del 1982 su nessun proiettile perché gravemente deformati). Quindi voler insistere su questa pista significa non conoscere bene i fatti e influenzare negativamente l’opinione pubblica, che vuole conoscere la verità.
Lo storico fautore di detta pista fu il giornalista Mario Spezi, il quale a Perugia finì indagato proprio per vari reati e depistaggio in relazione a una attività illecita, ben documentata dagli atti dell’indagine, per riportarla in vita con la collaborazione di due complici, di cui un pregiudicato, che avrebbe dovuto collocare di nascosto nella dependance di una villa, a suo dire a suo tempo occupata da sardi, un oggetto riconducibile ai delitti. Ciò avrebbe consentito di fare “un sacco di soldi” con il libro di prossima pubblicazione in USA insieme allo scrittore americano Douglas Preston e di “smerdare Giuttari” (esistono anche precisi atti giudiziari). L’operazione, però, fu smascherata in tempo e fallì. Il procedimento penale alla fine si concluse non con il proscioglimento di Spezi e dei suoi complici, ma con la prescrizione, per cui non fu possibile celebrare il dibattimento. Il libro sul Mostro in USA con la pista sarda e il presunto mostro sardo, che all’epoca del delitto del 1968 aveva 9 anni e nel 1974 15 anni e viveva in famiglia, fece scoprire agli americani la storia del Mostro di Firenze con un giornalista che per la sua inchiesta era stato perseguitato dalla giustizia italiana ed ebbe un notevole successo. Dopo la morte di Spezi, Preston fece nel 2016 una edizione aggiornata, aggiungendo alla fine di essere convinto, come alcuni degli amici del coautore, che questi era deceduto per le sue vicissitudini giudiziarie in Italia. E che la loro indagine sulla pista sarda non aveva avuto seguito perché ignorata da magistratura, polizia e carabinieri».
«Pista sarda? Femminicidi? I fatti certi e le sentenze dicono che quella pista non c’entra nulla con i Mostri di Firenze. A suo tempo ha deviato le indagini per ben 7 anni (1982-1989) su personaggi prosciolti e nel dicembre 1989 dal giudice fu definitivamente archiviata. Anche sulla pistola di quel delitto del 1968 (diverso completamente dagli altri, sia nell’esecuzione materiale, sia nel movente) non esiste certezza dal momento che le perizie furono fatte solo su un piccolo campione di bossoli e di proiettili (per il delitto del 1982 su nessun proiettile perché gravemente deformati). Quindi voler insistere su questa pista significa non conoscere bene i fatti e influenzare negativamente l’opinione pubblica, che vuole conoscere la verità.
Lo storico fautore di detta pista fu il giornalista Mario Spezi, il quale a Perugia finì indagato proprio per vari reati e depistaggio in relazione a una attività illecita, ben documentata dagli atti dell’indagine, per riportarla in vita con la collaborazione di due complici, di cui un pregiudicato, che avrebbe dovuto collocare di nascosto nella dependance di una villa, a suo dire a suo tempo occupata da sardi, un oggetto riconducibile ai delitti. Ciò avrebbe consentito di fare “un sacco di soldi” con il libro di prossima pubblicazione in USA insieme allo scrittore americano Douglas Preston e di “smerdare Giuttari” (esistono anche precisi atti giudiziari). L’operazione, però, fu smascherata in tempo e fallì. Il procedimento penale alla fine si concluse non con il proscioglimento di Spezi e dei suoi complici, ma con la prescrizione, per cui non fu possibile celebrare il dibattimento. Il libro sul Mostro in USA con la pista sarda e il presunto mostro sardo, che all’epoca del delitto del 1968 aveva 9 anni e nel 1974 15 anni e viveva in famiglia, fece scoprire agli americani la storia del Mostro di Firenze con un giornalista che per la sua inchiesta era stato perseguitato dalla giustizia italiana ed ebbe un notevole successo. Dopo la morte di Spezi, Preston fece nel 2016 una edizione aggiornata, aggiungendo alla fine di essere convinto, come alcuni degli amici del coautore, che questi era deceduto per le sue vicissitudini giudiziarie in Italia. E che la loro indagine sulla pista sarda non aveva avuto seguito perché ignorata da magistratura, polizia e carabinieri».


