«Ricordare tutti, anche gli 80 deportati». Cerimonia a piazzale Genova

Ricorrenza davanti alla lapide che ricorda i 35 caduti militari e civili e i 49 feriti durante la battaglia del 9 settembre 1943.

Elisabetta Paraboschi
|3 mesi fa
«Ricordare tutti, anche gli 80 deportati». Cerimonia a piazzale Genova
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«Dobbiamo ricordare tutto, anche quegli 80 soldati catturati qui e deportati nei lager tedeschi, i cui nomi però non sono riportati». Il generale Raffaele Campus, presidente dell’Associazione combattenti e reduci di Piacenza, esordisce così alla cerimonia a piazzale Genova davanti alla lapide che ricorda i 35 caduti militari e civili e i 49 feriti durante la battaglia del 9 settembre 1943.
«Se uno guarda in rete le notizie relative al 9 settembre 1943 trova cose ignobili - spiega - sulle lapidi della nostra città va meglio, anche se ci sono alcune inesattezze: in piazza Cavalli nelle lapidi dei caduti, restaurate bene dal Comune che ringrazio, manca ad esempio il nome del tenente Ettore Rosso, morto l’8 settembre difendendo fino all’ultimo Roma e per questo insignito della medaglia d’oro. Su questa lapide a piazzale Genova troviamo tante imprecisioni a cominciare dai morti fra i carristi, ma soprattutto non troviamo i nomi dei superstiti che vennero portati in Germania: erano 80 militari portati in stazione e poi tradotti a Mantova, Bolzano e infine nei lager tedeschi. Alcuni di loro forse non tornarono mai a casa, ma rifiutarono di aderire alla Rsi e scelsero di rimanere in Germania per non rinunciare al loro onore militare: sono gesti importanti che dobbiamo ricordare e di cui dobbiamo essere orgogliosi».
La cerimonia ha visto intervenire anche la sindaca di Piacenza Katia Tarasconi e il vicepresidente della Provincia Franco Albertini: «Per la prima volta qui si trovarono a combattere insieme militari e civili: il loro è un contributo silente ma inestimabile» spiega la prima, mentre il secondo sottolinea che «è doveroso conservare la memoria di quello che accadde e necessario ricavarne un insegnamento per costruire un futuro».