Turni di 12 ore al giorno per guadagnare 200 euro al mese: due arresti per caporalato

21 Marzo 2025 09:54

A conclusione di un’attività di indagine condotta congiuntamente dai carabinieri della Stazione di Cortemaggiore e da quelli del Nucleo Ispettorato del lavoro di Piacenza è stata data esecuzione a una misura di custodia cautelare in carcere nei confronti di due cittadini indiani, di 53 e 27 anni, residenti in un comune della provincia piacentina, ritenuti a vario titolo gravemente indiziati dei reati di favoreggiamento della permanenza di stranieri irregolari nel territorio dello Stato, sfruttamento del lavoro e intralcio alla giustizia.
Il provvedimento, emesso dal Gip del Tribunale di Piacenza su richiesta della locale Procura, trae origine da un’attività investigativa avviata dai carabinieri della Stazione di Cortemaggiore nell’estate del 2024, quando la loro attenzione era stata attirata dai movimenti quotidiani di numerosi furgoni che, alle prime luci dell’alba, si spostavano nelle campagne della Bassa piacentina. Trasportavano numerosi cittadini stranieri, i quali, come poi accertato, venivano scaricati in prossimità di terreni agricoli dove prestavano la loro opera di braccianti sino alla sera, per poi essere prelevati con gli stessi furgoni.
I servizi di osservazione e i successivi accessi ispettivi svolti congiuntamente da personale della Compagnia di Fiorenzuola e del Nil, hanno permesso di documentare le condizioni di sfruttamento a cui erano assoggettati i lavoratori: turni anche di 12 ore consecutive, con temperature spesso superiori ai 30 gradi, senza ferie o giorni di riposo. Condizioni estreme, peraltro in violazione di tutte le norme sulla sicurezza sul lavoro e antinfortunistiche, senza essere dotati dei previsti dispositivi di protezione né avendo svolto gli appositi corsi e le visite mediche previsti dalla normativa vigente.
Un lavoro massacrante a cui, tuttavia, corrispondeva una retribuzione oraria di cinque euro, dunque molto al di sotto da quella prevista dal contratto nazionale.
Ma non solo, per quanto emerso nelle indagini, a tali retribuzioni i due arrestati avrebbero applicato ulteriori “trattenute” a loro dire necessarie, per sopperire ai costi di locazione e a quelli relativi al disbrigo di non meglio precisate pratiche burocratiche.
In definitiva, a fronte di così estenuanti fatiche, ai lavoratori venivano corrisposte cifre oscillanti tra i 200 e i 500 euro al mese. Un sistema di sfruttamento del lavoro, quello organizzato e gestito dai due indagati, che si avvaleva di una società intestata alla moglie del 53enne e che ha visto, quali vittime, persone con età compresa tra i 25 e i 67 anni, tutte connazionali dei due.


Inoltre, gli arrestati si sarebbero fatti pagare da diversi loro connazionali, somme oscillanti tra gli 8 e i 10 mila euro per garantire l’ottenimento di un permesso di soggiorno temporaneo scaduto il quale, nonostante le promesse e le ulteriori richieste di denaro loro rivolte, avrebbero continuato a impiegarli approfittando della sopravvenuta condizione di illegalità. A tali gravi condotte, si sarebbero poi aggiunte le minacce che uno dei due avrebbero rivolto alle vittime, al fine di indurle a non testimoniare contro di loro, una volta venuto a conoscenza delle indagini in corso.
Le perquisizioni personali e domiciliari a carico degli arrestati, hanno poi consentito il rinvenimento di materiale amministrativo e informatico che, ritenuto di interesse investigativo, è stato sottoposto a sequestro.
Al termine delle operazioni i due arrestati sono stati condotti in carcere delle Novate.
Un sistema, quello su cui hanno fatto luce i carabinieri coordinati dalla Procura Piacentina, che si inquadra nel triste fenomeno del “caporalato”, inteso come intermediazione illegale organizzata, finalizzata allo sfruttamento del lavoro e alla sistematica prevaricazione dei diritti del lavoratore.

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