Il fiore e i suoi colori: una conquista evolutiva della flora
Antropocentrismo è anche pensare che l'aspetto della natura sia quello rivelato dai nostri sensi
Dea De Angelis
10 aprile 2025|9 giorni fa

Un mondo monocolore. Prima dell’evoluzione sul nostro Pianeta della piante con i colorati fiori, il mondo appariva ai viventi a tinta unica: il verde chiaro delle felci arboree o il verde scuro delle conifere resinose (abeti, cedri, pini). La flora con il fiore facente funzione di apparato riproduttore è l’ultima conquista evolutiva nella scala dei tempi geologici. Lo ricordiamo in questa rubrica settimanale dedicata agli alberi, alle loro storie particolari o simboliche, proprio nel periodo, la primavera, di massima ripresa vegetativa e quando il paesaggio ci appare come una tavolozza variopinta. Milioni e milioni di anni fa, cento o poco più, la Terra si è tinta come un arcobaleno: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, violetto. La percezione dei colori, va precisato, non è universale ed è in funzione dell’organo della vista specifico per ogni vivente. Noi, donne e uomini, vediamo i colori diversamente dall’ape, dal cane, dal gatto o dall’aquila, ancor più ci distinguiamo dagli animali notturni (gufo, civetta, istrice). Questione di leggi fisiche e di diverse lunghezze d’onda che siamo in grado di catturare oppure no. Antropocentrismo è anche pensare che l’unico punto di vista, anzi, l’unica vista sia la nostra e che l’aspetto della natura sia quello rivelato dai nostri sensi. Niente di più sbagliato. L’ape, uno degli insetti più in vista, perdonate il gioco di parole, durante la primavera, ricerca nettare tra i petali dei fiori. Animale dalla vita sociale intensa, delega alle “operaie esploratrici” in fuoriuscita dalla casa-alveare la ricerca di cibo nell’esteso territorio conquistato nel tempo. Ha due grandi occhi in grado di vedere la luce ultravioletta, il che è naturalmente vantaggioso perché i fiori ne riflettono in grande quantità risultando più appariscenti. Alcuni altri animali, il coniglio o l’armadillo per esempio, vedono il mondo addirittura in bianco e nero ma hanno sviluppato la capacità di distinguere i corpi in movimento.
L'APE CHE INVECCHIA E QUELLA PIETRIFICATA
Conservare gli animali in via di estinzione, argomento trattato in questo spazio del giornale, significa fare il possibile per evitare di trovarli pietrificati tra le rocce come l’esemplare di ape in fotografia senza più rappresentanti viventi. Sono fossili reali quelli, come i dinosauri, di cui conosciamo il passaggio sulla Terra solo grazie alle ricerche dei paleontologi che ne trovano i resti fossili tra gli strati di roccia. L’ape, evoluta come prezioso insetto impollinatore, ancora oggi, a distanza di qualche decina di milioni di anni, vive o meglio vivacchia. La perdita di ambienti naturali incontaminati e la progressiva espansione dell’ecosistema urbano ne minaccia la diffusione allo stato selvatico. In alcuni cartelli nelle aiuole a prato della Biblioteca degli Alberi di Milano (BAM) si legge: “Piante a favore delle presenza delle api e della tutela della biodiversità“. Riconosciamo ormai l’importanza del loro "esserci" anche in una grande metropoli come Milano. E poi le api, quelle domestiche, producono il dolce miele di diverse varietà: robinia, tarassaco, castagno, millefiori o lavanda. Farle fossilizzare non conviene a nessuno.