The Who in Italia, tra cambi di location e incognite del caso
Il 20 luglio a Piazzola sul Brenta e il 22 al Parco della Musica di Segrate, dopo i problemi alla Royal Albert Hall

Eleonora Bagarotti
|5 mesi fa
A vedere gli Who oggi, ci si va soprattutto per una questione di affetto. E lo si fa, come spesso accade per alcuni leggendari artisti del passato, per tutto ciò che la loro musica ha saputo darci.
Basta e avanza, certamente.
Con tutte le titubanze del caso.
Basta e avanza, certamente.
Con tutte le titubanze del caso.
Le location
In primis, per quanto riguarda l’Italia, il cambio delle due location dopo che il pubblico aveva già acquistato i biglietti scegliendoli in base a quelle originarie: quella che doveva tenersi allo Stadio Euganeo di Padova, il 20 luglio si terrà invece a Piazzola sul Brenta e (quel che è peggio), quella che si doveva tenere all’Ippodromo Snai San Siro di Milano, il 22 luglio si terrà al Parco della Musica. A dispetto del bellissimo nome (Parco della musica, che fa venire in mente un Eden di note tra fiori profumati), lo stesso si trova a Segrate, dove, oltre a una situazione scomoda, sopra la testa degli spettatori ci saranno anche gli aerei che partono e arrivano da Linate. Ma questa è una vicenda tutta italiana, di organizzazione e costi, che ha già infiammato varie polemiche sul settore e che nulla c’entra con la band - che successivamente partirà per gli Stati Uniti suonando in venue meravigliose, confortevoli e con un’acustica, quanto meno, dignitosa.
A questa premessa, c’è solo una postilla:a chi ricorda che ci sono stati Woodstock e affini, nel fango e nella bolgia, bisogna replicare che, appunto, sono trascorsi decenni ed evidentemente non abbiamo imparato nulla, a parte alzare vertiginosamente i costi della musica.
In primis, per quanto riguarda l’Italia, il cambio delle due location dopo che il pubblico aveva già acquistato i biglietti scegliendoli in base a quelle originarie: quella che doveva tenersi allo Stadio Euganeo di Padova, il 20 luglio si terrà invece a Piazzola sul Brenta e (quel che è peggio), quella che si doveva tenere all’Ippodromo Snai San Siro di Milano, il 22 luglio si terrà al Parco della Musica. A dispetto del bellissimo nome (Parco della musica, che fa venire in mente un Eden di note tra fiori profumati), lo stesso si trova a Segrate, dove, oltre a una situazione scomoda, sopra la testa degli spettatori ci saranno anche gli aerei che partono e arrivano da Linate. Ma questa è una vicenda tutta italiana, di organizzazione e costi, che ha già infiammato varie polemiche sul settore e che nulla c’entra con la band - che successivamente partirà per gli Stati Uniti suonando in venue meravigliose, confortevoli e con un’acustica, quanto meno, dignitosa.
A questa premessa, c’è solo una postilla:a chi ricorda che ci sono stati Woodstock e affini, nel fango e nella bolgia, bisogna replicare che, appunto, sono trascorsi decenni ed evidentemente non abbiamo imparato nulla, a parte alzare vertiginosamente i costi della musica.

Lo spettacolo
Se gli Who, e lo si è visto nel concerto a Firenze dell’estate 2023, dal vivo sono stati molto, molto ma molto più che all’altezza delle aspettative, per la prima volta qui ci si trova di fronte a un’incognita. Lo scorso marzo, com’è noto a chi segue la band, alla Royal Albert Hall si sono svolti due concerti per sostenere il Teenage Cancer Trust (Fondazione molto cara agli Who, che da anni sostengono la ricerca e gli ospedali per la cura dei teenager malati di cancro). E proprio a Londra, su e giù dal palcoscenico, ci sono stati problemi.
Tralasciamo, per evitare di scadere in tristissimi gossip, le schermaglie via social (che, a un certo punto, hanno scomodato persino l’ex Beatle Ringo Starr in difesa del figlio Zak Starkey, che da lungo tempo suona la batteria nel gruppo e lo ha fatto anche alla RAH). Evitiamo anche le interviste “farlocche” che riferiscono di inviti a Townshend ad entrare nei Rolling Stones e altre scemenze che non rientrano nella storia del gruppo. E veniamo al punto: la musica.
Negli show di marzo ci sono state cose molto belle - su tutte, l’esecuzione per intero di tutto “Who’s Next”, cosa che non accadeva da moltissimo tempo. E molto brutte: Pete Townshend, da poco operato a un ginocchio, visibilmente dolorante. Ma il sapore amaro lo aveva l’atteggiamento, poco concentrato e “ispirato”, tra lamentele e interruzioni (da parte di Roger Daltrey) per le entrate errate.
L’età c’è. Ed è inutile sottolineare che gli Who, con il loro passato, non hanno nulla da dimostrare. Forse, però, questo potrebbe non essere un gran finale per una storia meravigliosa.
Se gli Who, e lo si è visto nel concerto a Firenze dell’estate 2023, dal vivo sono stati molto, molto ma molto più che all’altezza delle aspettative, per la prima volta qui ci si trova di fronte a un’incognita. Lo scorso marzo, com’è noto a chi segue la band, alla Royal Albert Hall si sono svolti due concerti per sostenere il Teenage Cancer Trust (Fondazione molto cara agli Who, che da anni sostengono la ricerca e gli ospedali per la cura dei teenager malati di cancro). E proprio a Londra, su e giù dal palcoscenico, ci sono stati problemi.
Tralasciamo, per evitare di scadere in tristissimi gossip, le schermaglie via social (che, a un certo punto, hanno scomodato persino l’ex Beatle Ringo Starr in difesa del figlio Zak Starkey, che da lungo tempo suona la batteria nel gruppo e lo ha fatto anche alla RAH). Evitiamo anche le interviste “farlocche” che riferiscono di inviti a Townshend ad entrare nei Rolling Stones e altre scemenze che non rientrano nella storia del gruppo. E veniamo al punto: la musica.
Negli show di marzo ci sono state cose molto belle - su tutte, l’esecuzione per intero di tutto “Who’s Next”, cosa che non accadeva da moltissimo tempo. E molto brutte: Pete Townshend, da poco operato a un ginocchio, visibilmente dolorante. Ma il sapore amaro lo aveva l’atteggiamento, poco concentrato e “ispirato”, tra lamentele e interruzioni (da parte di Roger Daltrey) per le entrate errate.
L’età c’è. Ed è inutile sottolineare che gli Who, con il loro passato, non hanno nulla da dimostrare. Forse, però, questo potrebbe non essere un gran finale per una storia meravigliosa.

È USCITO IL PRIMO LIBRO SUI PROGETTI SOLISTI DI PETE TOWNSHEND
Pete Townshend, chitarrista e autore del celebre gruppo inglese The Who, ha da poco compiuto 80 anni e per l’occasione è da poco uscito un libro dedicato, per la prima volta, ai suoi progetti solisti.
Si intitola “Pete Townshend. Discografia solista di un musicista complesso e geniale” (Arcana Edizioni, Roma, 184 pp., 16 euro) ed è firmato dall’autrice piacentina Eleonora Bagarotti, responsabile di Cultura&Spettacoli del quotidiano Libertà di Piacenza, che sullo stesso giornale cura questa rubrica ogni mercoledì.
Bagarotti da molti anni segue Townshend nei suoi vari percorsi e in questo libro approfondisce il suo repertorio solista e i progetti più rilevanti, da “Tommy” in versione musical a “Classic Quadrophenia”, dal gruppo Deep End a “Lifehouse”, restituendo un’analisi filologica e una critica musicale.
Il volume è arricchito dai commenti dello stesso Townshend raccolti sul campo e da immagini inedite. La foto di copertina è di Naska (già batterista degli Statuto).
Si intitola “Pete Townshend. Discografia solista di un musicista complesso e geniale” (Arcana Edizioni, Roma, 184 pp., 16 euro) ed è firmato dall’autrice piacentina Eleonora Bagarotti, responsabile di Cultura&Spettacoli del quotidiano Libertà di Piacenza, che sullo stesso giornale cura questa rubrica ogni mercoledì.
Bagarotti da molti anni segue Townshend nei suoi vari percorsi e in questo libro approfondisce il suo repertorio solista e i progetti più rilevanti, da “Tommy” in versione musical a “Classic Quadrophenia”, dal gruppo Deep End a “Lifehouse”, restituendo un’analisi filologica e una critica musicale.
Il volume è arricchito dai commenti dello stesso Townshend raccolti sul campo e da immagini inedite. La foto di copertina è di Naska (già batterista degli Statuto).

Al di là degli inizi Mod con gli Who - i brani “My Generation” e “The Kids Are Alright” del 1965 sono diventati veri e proprio inni per il movimento giovanile nato in Inghilterra - dei grandi successi delle sue rock-opere e dei vorticosi live della band tra gli anni Sessanta e Settanta (da Woodstock a Leeds e all’Isle of Wight), Townshend ha spesso compiuto scelte più intellettuali, che non hanno avuto la stessa eco. Tuttavia vanta un’originale e versatile discografia solista, per il momento interrotta dopo il concept-drama “Psychoderelict” (il settimo album in studio del 1993), e numerosi progetti arrangiati per orchestre da camera o sinfoniche.

Con Roger Daltrey e alcuni musicisti di supporto, dopo la morte del primo batterista Keith Moon nel 1978 e del bassista John Entwistle nel 2002, Pete Townshend si esibirà prossimamente, come sempre sotto l’egida The Who, in Italia: il 20 luglio a Piazzola sul Brenta e il 22 luglio al Parco della Musica di Segrate. Poi il tour degli Who proseguirà negli Stati Uniti e sarà probabilmente l’ultimo: non a caso, si chiama “The Song Is Over”, come una famosa canzone del loro album capolavoro “Who’s Next”.
Ultimamente l’uscita del batterista Zak Starkey dalla band ha suscitato un continuo “botta e risposta” sui social. A monte, ci sarebbe stato un diverbio con Roger Daltrey. A questo proposito, il cantante in una recente intervista ha rilevato come «si stesse meglio quando non c’erano gli odiosi social e anche nelle rock band si discuteva faccia a faccia».
IN AGOSTO ESCE "THE OVAL", UNO DEI MIGLIORI LIVE, DEL 1971. IL PROGETTO DA UN'IDEA DALL'ITALIA
Il 1971, come ben sanno gli appassionati di musica rock, è stato un anno particolarmente magico. Per quanto riguarda The Who, il gruppo era reduce dal successo di “Who’s Next”, quindi lo è stato in modo particolare.
La band dal vivo non è forse mai stata tanto strepitosa (l’unico termine che possa rendere l’idea) come in quel momento. Certo, c’era stato Leeds e una gloriosa tournée americana che aveva fatto il sold out, rilasciando molta adrenalina negli animi di Roger, John, Keith e persino Pete - nonostante non sia mai stato un appassionato di tournée. Ma The Oval resta uno dei migliori live di sempre degli Who. Sicuramente, il primo outdoor londinese - solo successivamente, avrebbero suonato al Charlton. E chi ha avuto la fortuna di esserci allora, lo ha sempre testimoniato.
La band dal vivo non è forse mai stata tanto strepitosa (l’unico termine che possa rendere l’idea) come in quel momento. Certo, c’era stato Leeds e una gloriosa tournée americana che aveva fatto il sold out, rilasciando molta adrenalina negli animi di Roger, John, Keith e persino Pete - nonostante non sia mai stato un appassionato di tournée. Ma The Oval resta uno dei migliori live di sempre degli Who. Sicuramente, il primo outdoor londinese - solo successivamente, avrebbero suonato al Charlton. E chi ha avuto la fortuna di esserci allora, lo ha sempre testimoniato.

Un pizzico di quella magia la si era colta da alcuni bootleg, ma le sonorità erano molto disturbate.
La verità definitiva si avrà il 22 agosto, quando uscirà quel leggendario concerto. Gli Who hanno infatti deciso di pubblicare “Live At The Oval 1971”, la prima registrazione ufficiale dell’ambitissimo set della band al “Goodbye Summer: A Rock Concert in Aid of Famine Relief for the People of Bangladesh”, quando si esibirono come headliner al campo da cricket dell’Oval a Kennington, il 18 settembre 1971.
In realtà, gli Who volevano pubblicare subito quel live, ma un errore nel posizionamento dei microfoni creò un problema di riverbero nel mixer e pertanto il progetto abortì.
Fatta questa premessa, l’idea di questo live proviene dall’Italia. L’esperto collezionista friulano Albero Genero, che ha collaborato con la band per il box di “Who’s Next” ed altri progetti, ha suggerito a Townshend di cercare negli archivi il materiale su The Oval e fornito un suo acetato della Pye Records. Il risultato è la comparazione tra i master degli archivi degli Who e l’acetato di Genero (che ha fornito anche la foto per il libretto) per un risultato migliore, che ascolteremo attraverso i brani più celebri della band.

