Convivere con l'Alzheimer, 5mila i casi piacentini
A Fiorenzuola il convegno con il neurologo Poloni che ha fatto il punto sui nuovi anticorpi. E i familiari restano in attesa
Manrico Lamur
|1 settimana fa

Il neurologo Poloni illustra i risultati delle ricerche durante il convegno a Fiorenzuola - © Libertà/Manrico Lamur
Uno studio su un migliaio di volontari nati tra il 1935 e il 1939 per osservare la linea di invecchiamento cerebrale. Se ne è parlato nell’ambito del convegno “Prendersi cura delle persone con la demenza: un impegno condiviso tra istituzioni, sanità e cittadini” che si è tenuto nell’auditorium San Giovanni di Fiorenzuola organizzato da Federazione Alzheimer Italia, Alzheimer Piacenza Odv, dal Comune della città sull’Arda e dall’Ausl di Piacenza, in collaborazione con la Società Italiana di Telemedicina, nel corso del quale si sono trattati i diversi aspetti legati a questa malattia.
Dopo i saluti dell’amministrazione comunale portati dal vicesindaco Paola Pizzelli, tra i numerosi relatori che hanno preso la parola il neurologo Emanuele Poloni, medico responsabile del settore Neurologia e Neuropatologia della Fondazione Golgi-Cenci e della Banca del Cervello di Abbiategrasso, prima in Italia, che ha spiegato come nel centro siano in corso studi su un migliaio di volontari nati tra il 1935 ed il 1939, rivalutati ogni due o tre anni per cercare di tracciare una linea di invecchiamento cerebrale. «Il riflettore sulla malattia si è acceso dopo l’arrivo dei nuovi anticorpi monoclonali - ha spiegato - molto efficaci dal punto di vista biologico. Quello che però accade è che dal punto di vista clinico la risposta non è quella che ci si aspetterebbe, più che un miglioramento si nota un minor peggioramento». E non tutti possono accedere: «Selezionare i pazienti è necessario per evitare effetti collaterali e lievitazione dei costi».
Poi ci sono gli studi, che proseguono: «Il 20% ha accettato anche di donare il proprio cervello dopo la morte per la ricerca per consentire di osservare quello che può essere accaduto biologicamente in questo organo. Questo è il modello giusto per portare avanti lo sviluppo delle neuroscienze in ambito neurodegenerativo, cioè studiare il cervello dell’uomo. Non è un compito semplice in quanto sono ancora da rivalutare aspetti etico-giuridici. Visto che gli attuali volontari sono ormai quasi novantenni, la nostra intenzione - ha concluso Poloni - sarebbe quella di recuperare un altro gruppo per uno studio ventennale al fine di proseguire queste indagini. Per noi sarebbe una preziosa opportunità».
Mauro Bonomini, vice presidente Alzheimer Piacenza odv, ha spiegato come siano «5mila nel Piacentino le famiglie stimate che convivono con questo problema. Si sta facendo tanto nel campo della prevenzione, anche perché una diagnosi precoce è utile per accompagnare il decorso della malattia - ha affermato -. Per questo è importante anche il ruolo del medico di medicina generale e della telemedicina. Ed è altrettanto importante cercare di alleviare il peso delle famiglie alle prese con persone affette dall’Alzheimer con centri specializzati». Mario Possenti segretario di Federazione Alzheimer Italia conclude: «In Italia si deve fare ancora moltissimo: c’è un piano nazionale del 2014 che non è mai stato finanziato, ora l’obiettivo è la sua riscrittura, così come corredarlo a un finanziamento». I familiari aspettano.

